Il fotovoltaico spesso finisce sotto accusa per il consumo di suolo: ampie distese di pannelli sul terreno fanno pensare a un possibile conflitto con le attività agricole e alle possibili interferenze con la vita delle diverse specie animali e vegetali.

Al contrario, un recente studio tedesco, Solarparks – Gewinne für die Biodiversität (allegato in basso) pubblicato dall’associazione federale dei mercati energetici innovativi (Bundesverband Neue Energiewirtschaft, in inglese Association of Energy Market Innovators), sostiene che nel complesso i parchi fotovoltaici sono una “vittoria” per la biodiversità.

In pratica, si legge in una nota divulgativa, gli autori dello studio hanno raccolto molteplici dati provenienti da 75 installazioni FV in nove stati tedeschi, affermando che questi parchi solari (traduzione nostra dal tedesco, con neretti) “hanno sostanzialmente un effetto positivo sulla biodiversità”, perché consentono non solo di proteggere il clima attraverso la generazione di energia elettrica rinnovabile, ma anche di migliorare la conservazione del territorio.

Tanto che i parchi fotovoltaici, evidenziano i ricercatori nella nota di sintesi del documento, possono perfino “aumentare la biodiversità rispetto al paesaggio circostante”.

L’agricoltura super-intensiva, spiegano gli autori, con l’uso massiccio di fertilizzanti, finisce per ostacolare la diffusione di molte specie animali e vegetali; invece in molti casi le installazioni solari a terra formano un ambiente favorevole e sufficientemente “protetto” per la colonizzazione di diverse specie, alcune anche rare che difficilmente riescono a sopravvivere sui terreni troppo sfruttati, o su quelli abbandonati e incolti.

La stessa disposizione dei pannelli sul terreno, spiega lo studio, influisce sulla densità di piante e animali (uccelli, rettili, insetti): in particolare, una spaziatura più ampia tra le fila di moduli, con strisce di terreno “aperto” illuminato dal sole, favorisce la biodiversità.

Certo, avvertono gli autori, c’è bisogno di compiere altre analisi e di monitorare la colonizzazione di specie animali e vegetali per diversi anni dopo l’installazione dei pannelli; ma già queste prime rilevazioni mostrano che il legame tra fotovoltaico e habitat naturale è molto più complesso di quanto si sia portati a pensare.

Agro-fotovoltaico, a che punto è la ricerca

Intanto, sono sempre di più i progetti sperimentali che puntano a far convivere fotovoltaico e agricoltura, con reciproci vantaggi in termini di produzione energetica, tutela ambientale, conservazione della biodiversità, mantenimento dei suoli.

Tra le idee più recenti nel settore c’è quella della società australiana Wynergy, che sta proponendo un modello agro-fotovoltaico basato su impianti da 5 MW con pannelli montati su strutture rialzate e sistemi di tracking mono-asse.

Il tema è molto caro ai ricercatori del Fraunhofer ISE, l’istituto tedesco specializzato negli studi per l’energia solare. Da un paio d’anni, infatti, il Fraunhofer sta testando un sistema agro-fotovoltaico su una porzione di un campo arabile presso il lago di Costanza, in Germania, nell’ambito del progetto Agrophotovoltaics – Resource Efficient Land Use (APV-RESOLA).

È stato installato un impianto FV da 194 kW con pannelli montati a 5 metri dal terreno su una struttura sopraelevata; sul medesimo terreno i contadini della comunità agricola di Heggelbach hanno coltivato quattro tipi di colture: grano invernale, patate, trifoglio e sedano.

E l’anno scorso i raccolti di tre delle quattro colture sono stati più abbondanti rispetto a quelli ottenuti nel campo agricolo “tradizionale” senza pannelli fotovoltaici soprastanti.

In particolare, dopo aver monitorato le condizioni climatiche nelle varie stagioni, i ricercatori tedeschi sostengono che il sistema agro-fotovoltaico ha permesso alle piante di sopportare meglio il caldo e la siccità dell’estate 2018, grazie all’ombreggiamento offerto dai moduli semitrasparenti.

Difatti, l’irraggiamento solare sul terreno sotto i moduli è stato del 30% circa inferiore rispetto al campo agricolo di riferimento (quello senza pannelli FV), quindi la temperatura del suolo era più bassa e la terra più umida e fresca.

Altre sperimentazioni sono in corso negli Stati Uniti, dove un team dell’Università dell’Arizona sta collaborando con gli agricoltori nella zona di Tucson per selezionare le colture da piantare sotto i pannelli.

Secondo i ricercatori americani, è opportuno alzare a sufficienza i moduli da terra, consentendo alle piante di crescere quasi all’ombra, creando così una sorta di semi-serra.

I loro studi dimostrano che si può ridurre del 75% circa la luce solare diretta che colpisce le piante; è la luce diffusa che arriva fin sotto i pannelli a migliorare la crescita delle coltivazioni.

Per quanto riguarda i moduli fotovoltaici, le colture forniscono dei vantaggi non irrilevanti: ad esempio, quando le temperature superano 24 gradi, si ha spesso un rendimento più basso dei pannelli a causa del calore, ma con l’evaporazione dell’acqua creata dalle piante si ottiene una sorta di raffrescamento del modulo che riduce il suo stress termico e ne migliora le prestazioni.

 

Fonte: Qualenergia.it