Il filone degli studi sulle possibili “strade” per realizzare un mix elettrico 100% rinnovabile si è appena arricchito di una ricerca centrata sull’Italia.

Nel nuovo studio, pubblicato sulla rivista Joule e intitolato “Policy Decision Support for Renewables Deployment through Spatially Explicit Practically Optimal Alternatives”, gli autori hanno elaborato differenti scenari per de-carbonizzare il sistema elettrico italiano al 2050, in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo.

“La nostra analisi – spiega a Qualenergia.it il principale autore della pubblicazione, Francesco Lombardi del Dipartimento di Energia del Politecnico di Milano – ha incorporato le previsioni sull’aumento dei consumi elettrici al 2050, dovuti alla crescente elettrificazione dei trasporti e di altri settori, come il riscaldamento degli edifici e alcuni processi industriali [si parla di un picco di domanda complessiva che potrebbe arrivare a 80 GW di capacità impegnata, rispetto ai 50-60 GW di oggi, ndr]”.

La principale novità di questa ricerca, è che gli autori hanno elaborato diverse alternative allo scenario di costo ottimale basato su modelli computazionali.

Difatti, chiarisce Lombardi, “i modelli matematici identificano la configurazione ottimale in base a criteri di costo, ma in molti casi una configurazione che richiede un investimento lievemente maggiore può essere, sul lato pratico, la soluzione più semplice da realizzare e la più idonea da accettare per la popolazione”.

Il punto è questo: non basta dire quanti GW di fonti rinnovabili bisogna installare in senso assoluto, ma bisogna “filtrare” questi dati con una serie di altri fattori, come la localizzazione geografica, i possibili impatti sul territorio, la presenza di linee di trasmissione esistenti, le condizioni ambientali.

Così dallo studio emerge che il fotovoltaico (da solo e abbinato alle batterie per l’accumulo) appare in tutti gli scenari come una tecnologia imprescindibile per de-carbonizzare il mix elettrico italiano al 2050.

Nello scenario di costo ottimale si parla di aggiungere 144 GW di fotovoltaico, di cui la maggior parte in impianti distribuiti su tetti/coperture; poi 59 GW di eolico a terra e 17 GW di eolico offshore, senza dimenticare 7 GW di potenza installata in elettrolizzatori per produrre idrogeno da fonti rinnovabili.

In sostanza, contando su idrogeno e metano sintetico di origine rinnovabile, lo scenario di costo ottimale prevedrebbe di mantenere in funzione 11-12 GW di centrali a gas che userebbero le diverse forme di gas “verde” (quindi neutrale in termini di emissioni di CO2).

Per quanto riguarda il gas, precisa Lombardi, “in media nei diversi scenari si manterrebbe intorno al 20% della capacità attualmente installata”.

Il grafico seguente, tratto dallo studio, riassume il quadro dello scenario di costo ottimale.

Per raggiungerlo al 2050, evidenzia Lombardi, “bisognerebbe aggiungere in media ogni anno 4 GW di fotovoltaico e 2,2 GW di eolico in Italia”.

Ma lo scenario di costo ottimale pone anche dei problemi.

In particolare, il modello matematico restituirebbe un paese con un’elevata concentrazione di fonti rinnovabili in poche regioni: ad esempio, la Sardegna ospiterebbe quasi il 20% dell’eolico a terra installato in Italia (oggi: 9%).

Inoltre, il potenziamento delle linee di trasmissione porterebbe alcune linee a essere sotto-utilizzate, con bassi fattori di capacità oraria (anche sotto il 30% del carico massimo).

E poi occorre considerare l’accettazione sociale di determinate tecnologie: ricordiamo quante difficoltà ha incontrato finora l’eolico offshore in Italia e quante critiche sono piovute contro il progetto della centrale al largo di Rimini.

Senza dimenticare la sindrome Nimby (not in my backyard: non nel mio cortile), che in tante occasioni continua a ostacolare lo sviluppo delle rinnovabili in alcuni territori.

Ecco perché allo scenario di costo ottimale gli autori hanno affiancato degli scenari alternativi.

Ad esempio, una possibilità per evitare un’eccessiva concentrazione di eolico a terra in Sardegna, sarebbe puntare maggiormente sugli impianti offshore a livello nazionale, a patto però di essere disposti a spendere qualcosa in più (difatti gli scenari alternativi assumono una “disponibilità a pagare” tra +5% e +20% in più in confronto allo scenario di costo ottimale).

In definitiva, spiega Lombardi, lo studio del Politecnico milanese – e in particolare la metodologia innovativa proposta – potrebbe supportare la strategia energetica nazionale sul medio-lungo periodo, identificando obiettivi e configurazioni tecnologiche per un mix elettrico “pulito” entro la metà del secolo.

Una bella sfida per il paese, anche considerando che gli stessi obiettivi del PNIEC (Piano nazionale su energia e clima) al 2030 rischiano di non essere raggiunti.