Novità  e normative sui mandati diretti di energia e gas

L'inverno dell'energia pulita

 

L'inverno dell'energia pulita

Gli ostacoli per il vertice sull'ambiente.

"In futuro nessun investimento sui combustibili fossili". Questo obiettivo è stato ribadito a Milano, nel summit che doveva spianare la strada a Cop26, la conferenza delle Nazioni Unite sul clima che si aprirà a fine mese a Glasgow. Ma l'obiettivo è reso aleatorio da quanto sta accadendo nel mondo reale. È scoppiato un nuovo shock energetico, che penalizza la ripresa economica post-Covid e potrebbe perfino farla deragliare nello scenario più catastrofico. L'imperativo immediato è reperire energie fossili, le uniche che possono impedire nel breve termine la chiusura di fabbriche, l'interruzione di attività, il rincaro esorbitante di bollette, tariffe, costi di trasporto. In Europa, alle prese con una iper-inflazione energetica, in particolare sul gas naturale, qualcuno silenziosamente ri-accende centrali a carbone. La Germania "benedice" il gasdotto Nord Stream 2 che in un futuro prossimo potrebbe accelerare nuove forniture dalla Russia, a Putin piacendo. È in gravi difficoltà la virtuosa Inghilterra, che negli anni passati aveva puntato sulle pale eoliche nel mare del Nord, e sul gas naturale come energia-ponte (fossile ma molto meno inquinante del carbone) verso l'obiettivo di zero emissioni. L'eolico ha tradito Londra fornendo meno energia del previsto. Il gas scarseggia sui mercati internazionali e i suoi prezzi sono nella stratosfera. L'America potrebbe esportarne di più verso il Vecchio continente, se solo avesse costruito nuovi porti e terminali attrezzati. Governi di ogni colore e regimi politici di varia natura sono confrontati con lo stesso dilemma: scaricare sui consumatori gli effetti dello shock con bollette pesantissime; oppure razionare l'energia con tutto ciò che comporta per la ripresa dell'occupazione.


In nessun luogo al mondo queste contraddizioni sono esplosive quanto in Cina. Lo shock energetico colpisce più duramente la nazione più popolosa del pianeta, che continua anche ad avere la capacità manifatturiera più imponente. L'economia cinese, energivora, è dipendente a 360 gradi da tutte le fonti esistenti: dal carbone al solare, dal gas al nucleare, dal petrolio all'eolico. Le penurie hanno effetti drammatici in un Paese che aveva imboccato una ripresa vigorosa: si segnalano blackout a ripetizione (una piaga che un tempo era tipica dell'India, non della Cina), e di conseguenza chiusure di fabbriche. Xi Jinping paga anche lo scotto della sua prepotenza: nei mesi scorsi ha messo un embargo contro le importazioni di energia dall'Australia per punire il governo di Canberra (colpevole di aver chiesto un'indagine sulle origini del Covid). Ora quel gesto arrogante si ritorce contro Pechino. Ma è solo uno dei tanti aspetti dello shock che colpisce la Cina. Il regime comunista ha sempre cercato di tenere a bada l'inflazione per evitare tensioni sociali. Le forniture energetiche sono soggette a prezzi politici. Il calmiere sui prezzi è pericoloso: non trasmette ai consumatori il segnale che l'energia è scarsa e va risparmiata. La Cina è in una situazione difficile, con un piede nel futuro e uno nel passato. Accelera la sua corsa verso una leadership mondiale nelle fonti rinnovabili e vuole che l'Occidente dipenda da lei per auto elettriche e pannelli solari. Nel frattempo centinaia di milioni di cinesi lavorano perché le loro fabbriche ricevono corrente generata da carbone o gas. Le emissioni di CO2 della Cina, il 28% del totale planetario, sono il doppio di quelle americane e non accennano affatto a scendere.

 


I leader che hanno partecipato alla conferenza di Milano hanno sottolineato i cambiamenti positivi. "Gli Stati Uniti sono tornati con noi", ha detto il vicepresidente della Commissione UE, Frans Timmermans. Ma una volta conclusi i doveri della diplomazia internazionale, ogni leader a casa sua affronta una realtà scomoda: l'inverno è alle porte, i consumi di energia da riscaldamento aumenteranno, nell'immediato bisogna consumare l'energia che c'è, non quella che vorremmo ci fosse. Lo shock inflazionistico ha il vantaggio di rendere più competitive le fonti rinnovabili, ma i limiti del vento e del sole sono noti e ancora non abbiamo tecnologie in grado di superarli. Il nucleare resta tabù, malgrado un inizio di autocritica in alcune correnti dell'ambientalismo. La scienza e l'economia devono trovare risposte facendo i conti con i vincoli pesanti della realtà, che non si prestano alle semplificazioni degli slogan nei cortei.

 

Fonte: larepubblica.it




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